Trama e recensioniTrama: Come nella ricostruzione fatta da una cattiva televisione si ripercorrono le avventure di un selvaggio eccentrico genio della chitarra jazz alla fine degli anni '30, Emmet Ray, infantile ed egocentrico, sempre pronto a sbagliare, a lasciare la donna giusta per sposare quella sbagliata, a sprecare la sua arte, deciso a bruciare la sua vita. Emmet Ray è una figura immaginaria mentre nel film viene più volte citato Django Reinhardt di cui si sente anche un'incisione famosa. Come nella ricostruzione fatta da una cattiva televisione si ripercorrono le avventure di un selvaggio eccentrico genio della chitarra jazz alla fine degli anni '30, Emmet Ray, infantile ed egocentrico, sempre pronto a sbagliare, a lasciare la donna giusta per sposare quella sbagliata, a sprecare la sua arte, deciso a bruciare la sua vita. Emmet Ray è una figura immaginaria mentre nel film viene più volte citato Django Reinhardt di cui si sente anche un'incisione famosa. Recensione di Aldo Fittante, "FilmTv" anno 8 n° 24: Un omaggio affettuoso e tenero, a tratti pungente, agli artisti dimenticati e al
jazz. Regia piena di verve di Allen, che compare in un breve ma incisivo ruolo, un grande
cast e piccoli e sontuosi camei. Recensione di Francesco Troiano, "Tempi Moderni": Già in "Zelig"
(1983), Woody Allen ricostruiva lesistenza dun immaginario personaggio degli
anni Trenta, servendosi alluopo di finte testimonianze ed opinioni di personalità
realmente esistenti: oltre tre lustri più tardi, egli ripete il gioco in questo "Accordi
e disaccordi", proponendoci la biografia dun ipotetico chitarrista jazz,
dotato al punto desser secondo solo al grande Django Reinhardt. Recensione di Francesco Bolzoni, "Avvenire", 26/05/00: Ci sono due linee nella produzione di Woody Allen, ovviamente non sempre separabili. La prima legata agli esordi dell'attore-regista, è tentata da uno spirito paradossale, da risvolti scopertamente comici e talvolta volgari, da "trasgressioni", non solo formali ma sostanziali. Essa pareva ultimamente, "superata" (...) La seconda linea del cinema di Woody Allen - a cui appartiene questo "Accordi e Disaccordi" - è sempre dettata dai ricordi, magari immaginari, di un artista che avrebbe voluto vivere in certe stagioni, frequentare personaggi dei quali ha molto sentito parlare o ha letto sui libri o che addirittura inventa. (...) C'é di tutto nella figura di Emmer Ray, che pure posiede una potente autonomia narrativa. Vi ritrovi i tramps del New Deal che se ne andavano in giro di qua e di là senza una meta precisa, si incantavano a guardere il passaggo dei reni o si sfogavano spaarando ai topi delle discariche. Vi rinvieni i musicisti che, pur bravi, non vennero baciati dalla fortuna e si limitarno ad ammirare in silenzio i loro idoli, "quelli che ce l'hanno fatta". Vi scorgi, come ha suggerito qualccuno, perfino Zampanò, il manesco compagno di Gelsomina nella felliniana "La strada". Recensione di Paolo Boschi, "DadaScanner": Woody
Allen e il jazz: una storia d'amore di vecchia data, una passione che il regista
newyorchese da sempre alterna alla sua attività di cineasta, correndo a suonare con i
vecchi amici nel suo club preferito ogni volta che ha un attimo di tempo. "Accordi
e disaccordi" racconta la biografia immaginaria di un leggendario chitarrista
jazz degli anni Trenta, al 'secolo' Emmet Ray, virtuosista impareggiabile delle quattro
corde, secondo forse solo al mitico Django Reinhardt. Proprio il chitarrista zingaro di
origini rumene costituisce una delle nevrosi principali di Emmet, che sviene al solo
pensiero di incontrarsi con il mitico rivale: d'altra parte, è bene ricordarlo, siamo pur
sempre in un film di Woody Allen. Emmet Ray, oltre alla dichiarata passione per la sua
musica, non si presenta come un personaggio regolare: gran bevitore, incallito giocatore
di biliardo, a tempo perso perfino manager di prostitute. Anche i suoi hobbies non sono
propriamente ordinari: nel tempo libero il chitarrista jazz appena può corre a sparare ai
topi nelle discariche con la sua fidata calibro 45; inoltre nutre una passione ante
litteram per il trainspotting - e non per particolari motivi psicologici: gli piace
semplicemente guardare i treni che passano -. L'obiettivo di Allen lo segue fedelmente nei
momenti clou delle sue giornate: al bar, al tavolo da biliardo ed ovviamente in scena, tra
gli applausi sinceri che costellano una gavetta apparentemente infinita. Poi c'è la parte
relativa alla vita sentimentale di Emmet, impassibile ai legami impegnativi, perché lui
è un artista e non può permetterselo: ma finisce comunque per vivere qualcosa di molto
simile ad un matrimonio con un personaggio topico degli anni del cinema muto, la fedele
lavandaia Ettie, muta per l'appunto. Dopo averla abbandonata alle quattro di mattina Emmet
trova anche il tempo per sposarsi, così, all'improvviso, con una figura di donna
esattamente agli antipodi: la sofisticata altoborghese Blanche che, più che amarlo, è
interassata alla sua figura di impareggiabile virtuosista della chitarra per farne il
personaggio di un libro. Per appagare le proprie velleità letterarie la donna finisce per
diventare l'amante di un brutale scagnozzo, provocando la pronta reazione del
protagonista: ma si tratta in fondo di un documentario, sebbene fittizio, quindi Allen
reinserisce Emmet Ray nella leggenda sfumando l'obiettivo su tre differenti versioni
dell'episodio, chiosate in efficaci interviste a parte da tre autorità del genere jazz
quali il critico musicale Nat Hentoff, il regista Douglas McGrath e lo stesso Woody Allen.
A dar corpo in modo impareggiabile al leggendario chitarrista c'è uno Sean Penn
perfettamente in parte - nonostante non avesse mai tenuto in mano una chitarra in vita sua
- e che per questo ruolo ha ricevuto una candidatura all'Oscar.
Decisamente all'altezza anche le due protagoniste, entrambe alle prese con figure di donna
davvero particolari: un'intensa Samantha Morton (anch'essa candidata all'Oscar) e un'affascinante Uma Thurman. Inutile dire che tutto il
cast di caratteristi funziona al meglio, come di norma in tutti i film del grande Woody.
La colonna sonora è di livello assoluto, come è lecito attendersi da un regista
appasionato di jazz - consultare ad vocem sia "Radio
days" che "Pallottole su Broadway"
-. In "Accordi e disaccordi" Allen ha allestito un'antologia da
collezione dei classici degli anni Trenta: in primo piano i brani registrati dal mitico
Django Reinhardt, Myster Pacific su tutti. Oltre alla musica è sorprendente la
ricostruzione degli anni della Grande Depressione e l'atmosfera on the road che circonda
le avventure del chitarrista. "Accordi e disaccordi" è un esempio
minore della filmografia alleniana, ma assolutamente delizioso. Recensione di Sandra Campanini, "StradaNove" 06/09/99: La
passione per la musica di Woody Allen, in particolare per il jazz, è ormai cosa nota. E
la 32 pellicola del regista newyorchese, "Sweet and lowdon" presentato
fuori concorso alla Mostra internazionale d'arte cinematografica, non è nient'altro che
un sentito omaggio ad un personaggio - "fittizio" - Emmet Ray, uno squinternato
e geniale chitarrista jazz. |
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