In privato col regista simbolo di tanti film, ormai nella storia del cinema,
a Roma per il suo nuovo "La maledizione dello scorpione di giada".
Una
delle caratteristiche di questo film ambientato negli anni 40 è prendere un po' i tipi di
questo genere cinematografico, tra cui le bionde, fatali. Charlize Theron ha detto di aver
fatto un lavoro durissimo per questo film e a Venezia ha detto di essersi ispirata a
Lauren Bacall. Ci racconta come ha immaginato questi personaggi?
«Quando sono cresciuto, all'inizio degli anni 40, questo genere di film era molto
popolare negli Stati Uniti. Un po' noir, con personaggi femminili forti e con dei
personaggi maschili in perenne contrasto con loro. Questo portava a un continuo scambio di
battute e di insulti in cui la donna in genere risultava più intelligente e divertente.
Si sapeva che alla fine i due sarebbero finiti insieme, ma non si immaginava come. E' vero
che i personaggi delle attrici famose dell'epoca erano la Russell, Katherine Hepburn,
Carole Lombard, Claudette Colbert, Powell... Proprio perché questo tipo di film mi
piaceva molto ho sempre voluto realizzarne uno; Charlize in un certo senso ha ragione
perché se questo film fosse stato realizzato negli anni 40 Lauren Bacall sarebbe stata
una ottima candidata per questo ruolo, bella e spigolosa quanto necessario. Ai tempi
moderni Charlize Theron è forse l'attrice più adatta rispetto a tutte le altre sia per
aspetto fisico sia per il suo senso dell'umorismo.»
Una chiave del film sta proprio nell'ipnosi... perché? Lei è mai stato
ipnotizzato?
«Mai, io non sono mai stato ipnotizzato... non sarei un buon soggetto, mi metterei a
ridere, non sarei concentrato. Oggi il fenomeno ha più basi scientifiche che in passato:
si possono curare con l'ipnosi degli affetti da tabagismo e alcuni dentisti la usano
invece dell'anestesia. Quindi oggi c'è sicuramente, dal punto di vista scientifico, molta
più conoscenza di questo fenomeno, quindi è molto più razionale ed ha degli aspetti
psicologici. Negli anni '40 veniva visto invece come un qualcosa di esotico, di romantico,
di mistico. La realtà è che con l'ipnosi non si fa innamorare nessuno, per cui se avessi
ambientato questo film al giorno d'oggi sarebbe stato molto meno credibile; invece negli
anni '40 si pensava che tutto si potesse fare con l'ipnosi: far innamorare un'altra
persona, fargli commettere dei crimini, dei reati, oggi non è così. Peraltro devo dire
che non è che sia un'idea particolarmente originale, soprattutto nell'ambito della
commedia; ci sono molti film in passato che hanno trattato l'argomento, anche perché
l'ipnosi si presta molto facilmente alla possibilità di inserire l'aspetto comico, vista
la sua natura imprevedibile e spettacolare.»
Lei ha sottolineato molto l'aspetto di 'crime-movie' di questo film, però si vede
anche l'omaggio a molti degli scrittori che lei amava in gioventù: Walter Kaufmann,
Herman Mankievicz... tutti caratterizzati da un dialogo arguto e atmosfere sensuali.
«E' vero, sono gli scrittori che mi piacevano e con i quali sono cresciuto. Ho sempre
voluto fare questo tipo di film, cosa impossibile da ambientare al giorno d'oggi proprio
perché quel tipo di scrittura è adeguato a quei tempi. Come stile, come dialoghi, come
scrittura erano quelli dell'epoca... i dialoghi che trovavo nei film di registi come Ernst
Lubitsch o Billy Wilder.»
Parliamo della 'Maledizione dello scorpione di giada', che costringe il nostro
eroe a comportarsi come un criminale... può essere vista come metafora della vita che
spesso costringe i buoni a diventare cattivi?
«Io credo che nella vita, e questa è una delle idee alla base del film, nessuno di noi
sappia effettivamente chi sia. Non sappiamo realmente chi siamo. Ci sono delle persone che
riescono a imbrogliare sé stesse, a fuorviare l'idea che hanno di sé stesse per tutta la
vita. Questo vale per noi come per le persone che ci circondano. Molto spesso l'immagine
di noi che diamo al resto del mondo o è coscientemente modificata o a volte riusciamo
inconsciamente a imbrogliare noi stessi. Magari proprio tramite l'ipnosi o altri processi
che vanno a sondare nel profondo le persone è possibile tirare fuori la vera faccia di
noi.»
Pensa che ci si possa fidare di un presidente che fino all'anno scorso scambiava i
Talebani per un gruppo rock?
«Molto interessante... Io stesso ero tra quelle persone che hanno fortemente
criticato il presidente durante la campagna elettorale, che è stata una delle più dure e
col massimo grado di divisione nella popolazione rispetto alle altre della storia, metà
del paese era contro l'altra metà, ma questa crisi ha avuto il sicuro effetto di riunire
le persone più distanti, ha avuto l'effetto di un collante per tutto il paese. Devo dire
che innanzi tutto il presidente -almeno fin'ora- si è comportato abbastanza bene e in
secondo luogo che il governo americano non è costituito solo dal presidente, c'è il
Congresso, il Senato e tutti gli altri Ministri e fin'ora si sono mossi con ragionevole
saggezza in una situazione estremamente complicata, complessa e difficile. Spero che
continuino ad operare in questo modo. Credo di si. Resta da vedere se così sarà.
Comunque tutti quelli come me, i critici di questo presidente, hanno deciso, abbiamo
deciso, di incoraggiarlo e sostenerlo proprio per poter avviare e dare forma a questa
impresa assolutamente complicata.»
Per molti di noi lei è Manhattan sono sinonimi, che cosa ha significato per lei
quello che è accaduto, come l'ha vissuto, dov'era e perché ha deciso di venire lo stesso
a Roma?
«Si, ero a Manhattan quando è successo; siamo rimasti tutti quanti profondamente
scioccati da questa cosa, che però non è arrivata come un'assoluta sorpresa. Sapevamo
che qualche atto di terrorismo avrebbe colpito da qualche parte e che New York non sarebbe
stata immune. Quello che ci ha colpito di più è stata l'irrazionalità dell'evento. Il
fatto che siano state uccise 5000 persone assolutamente senza senso. Oltre tutto non sono
stati uccisi solo americani, ma cinesi, inglesi, francesi, latinamericani, messicani,
pakistani, gente di oltre 40 nazionalità diverse, cristiani, ebrei, musulmani, persone di
tutte le razze. Devo dire che però New York ha risposto in maniera eccezionale perché
tutti quanti si sono rimboccati le maniche, si sono dati da fare, sono andati a donare il
sangue, hanno aiutato come hanno potuto. Lo stesso governo è come se si fosse svegliato,
ha capito che questa situazione va affrontata con estrema attenzione perché si tratta di
un problema assolutamente molto complicato. La reazione deve essere in tutti i settori,
non solamente a livello politico, ma deve essere a livello economico, sociale, anche
militare, anche se mi auguro che questa sarà la parte minore del tutto... fin'ora questa
reazione è stata molto positiva, oltretutto gli Stati Uniti, e i niuiorchesi in
particolare, hanno deciso di tornare a una vita normale. Non avrebbe alcun senso
rinchiudersi in una specie di guscio, motivo per cui ho deciso di non cancellare il mio
viaggio in Europa. Proprio perché c'è quest atteggiamento positivo di ricostruizione, di
reazione a queste cose che sono successe.»
di: Mattia Pasquini
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