Trama e RecensioniTrama: Un coro greco nel teatro di Taormina introduce la vicenda e interviene a sottolinearne i momenti essenziali. Lenny, un giornalista sportivo, si lascia convincere dalla moglie Amanda, che intende aprire una galleria d'arte, ad adottare un bambino. Il piccolo cresce e diventa un ragazzino intelligentissimo; i genitori, invece, sono in crisi. Amanda trascura Larry per il lavoro e ha una relazione con un gallerista. Larry decide di rintracciare la vera madre del bambino e, con uno stratagemma, scopre che si chiama Linda Ash (in arte Judy Orgasm) e che lavora come prostituta e attrice porno. Larry la avvicina e finisce per stringere con lei un rapporto d'amicizia senza alcuna implicazione sessuale. L'uomo vorrebbe farle cambiare vita, ma i suoi sforzi sono vani. Dopo essere venuto a conoscenza che Amanda lo vuole abbandonare e dopo essere giunto ad un accordo con il protettore di Linda, Larry la va a trovare e fa l'amore con lei. Dopo qualche tempo, Larry e Amanda tornano insieme; Linda, invece, scompare. In seguito, Larry incontra Linda in un negozio di giocattoli e apprende che la giovane si è sposata e che ha una nuova professione. Linda ha avuto un figlio da Larry, ma non glielo rivela. Anche Larry tace e non spiega a Linda che il bambino che è con lui è in realtà il neonato che la ragazza aveva abbandonato anni prima. Recensione di Emanuela Martini, "FilmTv" anno 4 n° 6: Humour d'alta classe per l'ultimo film di Woody Allen che ci fa
riscoprire tutto il piacere dell'invenzione comica. E sostituisce il lettino dello
psicanalista con il coro greco. Recensione di Alberto Crespi, "L'Unità", 28/1/96: [..] Decisamente il film più comico che Woody abbia scritto e diretto da vari anni, contiene un sottotesto inaspettato e curioso che lo stacca decisamente da alcuni precedenti film "seri" come "Crimini e misfatti" e in generale tutti quei titoli con i quali Woody ha tentato di depistarci, facendoci credere di amare più Bergman e Dreyer che il baseball e i grattacieli di Manhattan. Partiamo, quindi, [..] da questo sottotesto che ci consentirà, per le prossime dieci righe, di scrivere qualcosa di diverso dalle recensioni degli anni scorsi. Il sottotesto è il Coro: un Coro da tragedia greca - le famose sequenze girate nel teatro di Taormina - che, proprio come ai tempi di Eschilo, commenta l'azione dei personaggi, che però agiscono nella New York nevrotizzata di oggi. Detta così, potrebbe sembrare una cosa seriosa e intellettuale: invece il Coro di Woody è una buffonata, tenuta sul filo di rasoio (siamo sicurissimi che qualunque altro regista ne avrebbe fatto la scemenza del secolo) grazie a un umorismo a prova di bomba, e risolto, alla fine, in una sequenza che è la chiave del film, ma anche - tenetevi forte! - di tutto il cinema "alleniano". Parliamo della scena in cui il Coro, ormai semi-brillo, si mette a ballare e canticchiare in purissimo stile Broadway. Eccola, la prova provata: Woody Allen è un uomo colto, un grande intellettuale, un ebreo che ha frequentato Freud e conosce Marx (Karl, non Groucho), un cinefilo che adora Bergman e Fellini, ma è prima di tutto un uomo di spettacolo americano le cui radici sono lì sui palcoscenici di Broadway". Recensione di Alfio Cantelli, "Giornale", 28/1/96: Come tutti i film di Woody anche "La dea dell'amore" è da vedere, certo non da raccontare, animato dai dialoghi spiritosi fatti questa volta anche di brutte parole, dai guizzi del destino, dalle situazioni paradossali. Come quella del primo incontro della pornodiva con lui nella veste di sedicente esperto di amori mercenari, o quando Woody tenta invano di combinare il matrimonio di Mira con un pugile suonato: «Mica t'avevo detto che era vergine». «Ma non a quel punto», obietta il pugile non tanto suonato. Il coro greco guidato da Murray Abraham, che strada facendo si è trasformato in un frenetico balletto, continua a invitare a non prendere come una tragedia i doni della vita, i personaggi ne seguono le imbeccate, e la commedia, senza essere un capolavoro, si muove agilmente, spiritosa e anche seria nel mostrare l'alienazione femminile prodotta dal commercio del proprio corpo. [..] Recensione di Valerio Caprara, "Rivista del Cinematografo": Difficilmente si sopporterebbe da un altro regista lo stesso ritorno al rigoroso leit motiv autobiografico che Woody Allen propone ormai con cadenza stagionale. "Mighty Aphrodite", in effetti, è soprattutto il nuovo round del suo interminabile match con i complicati quiz erotici per borghesia bianca più o meno intellettuale ambientati tra le nevrosi e i grattacieli di Manhattan. Il piccolo ma squisito miracolo cinematografico si rinnova ed il pubblico potrà goderne come sempre, interrogandosi (al massimo) sul posto da assegnargli in graduatoria di merito tra "Pallottole su Broadway" e "Misterioso omicidio a Manhattan". Recensione di Sebastiano Tecchio, "Tempi Moderni": Il
titolo "La dea dell'amore" si ispira alla dea greca dell'amore, ad
Afrodite. La storia ha un collegamento alla tragedia classica, grazie all'idea di Allen di
reinventare il tradizionale coro greco, che qui ha la funzione di commentare le gesta
degli amanti dei nostri giorni. Critica da "Il Mereghetti 2000": Per raccontare un dramma sul male di vivere che rischia di scivolare nella farsa (e sul problema morale più che biologico, della paternità), Allen contamina la commedia con la tragedia, facendo interagire i protagonisti con un autentico coro greco che dal teatro di Taormina commenta gli avvenimenti e interviene nell'azione. Ma nonostante l'abituale e malinconica leggerezza e una strepitosa Sorvino (giustamente premiata con l'Oscar per la miglior attrice non protagonista) il film rimane un'esile commedia degli equivoci, più compiaciuta che davvero divertente. |
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