Melanie Griffith, nata ieri

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Melanie GriffithNon dev'essere stato uno schezo per lei vivere i suoi splendidi quarant'anni sotto i riflettori. Melanie Griffith, famosa lo è stata fin dalla nascita in quanto figlia di Tippi Hedren, donna ideale di Alfred Hitchcock che l'aveva scelta per interpretare due tra i suoi thriller più perversi, "Marnie" e "Gli uccelli". A questo proposito si dice, anzi, che Hitch, mentre seguiva deliziato la scena in cui la Hedren veniva beccata dovunque nel corpo da corvi e gabbiani impazziti, concepisse un inedito regalo per la figlioletta di lei, Melanie appunto, che allora aveva cinque anni ed era del tutto ignara del mondo: una piccola bara in legno di pino con dentro una bambola che aveva il viso della madre… Non devono essere stati uno scherzo per Melanie Griffith, gli anni adolescenziali trascorsi tra alcol e droga e tra un matrimonio burrascoso e l'altro: con Don Johnson, poi con Steven Bauer, poi ancora con Don Johnson. Ma adesso eccola, di nuovo snella come una mannequin e visibilmente felice, con il suo terzo marito, l'iberico Antonio Banderas, che l'ha diretta da regista in "Crazy Alabama" e che lei non ha alcuna esitazione a definire "l'uomo più sexy del mondo". Elegante in tailleur Armani e con voce miagolante da "nata ieri", Melanine Griffith, interprete di "Celebrity" di Woody Allen, ci spiega, non a caso, cosa vuol dire per lei, oggi, la celebrità.
«Celebrità è rinunciare alla privacy. I media ti perseguitano, sono sempre in agguato; più fastidiosi che mai a New York e a Los Angeles, ma anche in cerpi Paesi come la Spagna e l'Italia… Però c'è anche il lato positivo, essere famosi è bellissimo quando hai bisogno di ottenere qualcosa perché la gente sa chi sei e ti ascolta. Questo è utile per me che collaboro con "Feed the Children", un'organizzazione che si occupa di infanzia abbandonata».

Come si è sentita sul set di Woody Allen?
«Il primo giorno è stato molto imbarazzante, perché mi sono trovata su una specie di passerella ad andare in su e in giù, seguendo le indicazioni di qualcuno nascosto nel buio davanti a me. Dopo un po' ho cominciato a distinguere le figure nell'ombra: c'era Woody Allen, e accanto a lui sua moglie Soon-Yi e il direttore della fotografia Sven Nykvist. Nessuno che ti dicesse buongiorno o che facesse il minimo sforzo per rivolgerti la parola. Allora sono rimasta scioccata, ma adesso credo di sapere perché: Woody Allen, cheha il potere di intimidirti, è lui stesso molto timido».

Come è stato essere diretta in "Crazy Alabama" da suo marito"?
«Bellissimo. Antonio ha fin dall'inizio la visione completa di quello che sarà il film e inoltre è troppo intelligente per lasciare che il lavoro invada la nostra vita. Avevamo fatto un patto: finite le riprese ci eravamo ripromessi di non parlarne mai nei momenti in cui ci trovavamo da soli. Meno che mai durante le lunghe pedalate in bicicletta che facciamo spesso insieme per tenerci in forma dalla nostra casa a ovest di Los Angeles fino al mare. "Crazy Alabama" è un film che parla di libertà, di una donna disposta a tutto, anche a uccidere, pur di salvare la propria libertà».

In quel film lei ha sette figli; è materna anche nella vita?
«Essere madre è la mia parte migliore. Ho tre figli, Alexander di 13 anni, Dakota di 8 e Stella del Carmel di 2. Loro sono tutto per me e cerco di coinvolgerli il più possibile in quel che faccio. Con Alexander mi sono trovata anche a commentare certi articoli non esattamente teneri nei miei riguardi. E' per i miei figli se d'ora in poi interpreterò sempre meno ruoli in cui devo svestirmi o dove c'è troppo sesso».

Sesso no ma violenza sì: in "Another Day in Paradise" di Larry Clark, visto a Venezia, lei è una donna dalla pistola facile. In "Crazy Alabama" poi uccide suo marito…
«Credo che sia molto meno difficile prendere una pistola e sparare piuttosto che denudarsi».

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Sali         


Tratto da FilmTv anno 7 n°1 - Pubblicazione amatoriale, non si intende violare nessun copyright