La Mostra delle celebrità

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    Woody Allen racconta con Celebrity la povertà dei piccoli miti di oggi. E anche a Venezia...

cel-sfilata.jpg (22771 byte)Celebrità! La stilista che veste le dive, le dive stesse, le divette, gli attori belli e brutti, anche nani o cani, ma comunque noti o quasi: le signorine delle tivù, di nome o no, una quantità, che cacciano il microfono in bocca a chiunque, allegrissime, "mi dica una bella battuta!", i fotografi incalliti nel disprezzo per i fotografati, le modelle in sottoveste, già passate di moda.

Celebrità! L'ufficialità solenne in abito scuro anche al mattino, più o meno sempre la stessa o comunque uguale a se stessa, le giornaliste spettinate che caracollano di qua e di là infelici, i critici furibondi e molto stanziali, i registi logorroici o permalosi, gli scrittori promossi (economicamente) sceneggiatori, i produttori che tramano in piscina, le addette al traffico pubblicitario di film e attori, supplichevoli o spietate.

Celebrità alla Mostra del Cinema, celebrità vere o che luccicano un po' per la vicinanza e il lavoro di supporto o enfatizzazione delle stesse, persone che per la massima parte non conterebbero nulla se non fossero qui, a partecipare a una rappresentazione insensata, che si autopromuove immemore del mondo, uguale e inutile da sempre. È tutto un baciarsi e un gridare, un cambiar abito e un bere quel che si scrocca, un rincorrersi e uno sfuggirsi. Tutti diventano fotografia e video, la parrucchiera mentre pettina Melanie Griffith, il giornalista mentre intervista George Clooney, il cuoco mentre prepara la dieta per i fratelli Taviani. L'aria è greve di puzze e profumi, di odi e bugie, di stanchezza e affanni.

Celebrità! La grande area dell'Hotel Excelsior potrebbe essere il set affollato e caotico di un film sull'apocalisse mondana di fine secolo: ma un film in cui l'ansioso popolo della celebrità breve o anche insensata dovrebbe specchiarsi con angoscia, ne avesse tempo e coraggio, c'è già. L'ha fatto Woody Allen, si intitola appunto "Celebrity" e l'hanno presentato ieri fuori concorso. Sono tanti i film che ci hanno raccontato gli abissi della celebrità, ma questo è il più crudele nello svelarci la povertà dei piccoli miti d'oggi, il modo affannoso con cui si inseguono attimi di notorietà di cui bisognerebbe vergognarsi, il vuoto della fama senza meriti, un mondo dove il successo è strettamente legato alla stupidità, all'impegno alla volgarità. C'è l'artista osannato per la sua scultura di un pene alto otto piani, c'è il creativo che vende statue di Gesù con dispositivo per far sanguinare le stigmate, c'è la cameriera che fa teatro porno, il giornalista che passa dalla sfilata di moda all'intervista a Di Caprio con la stessa malinconica presunzione, c'è la vita di tutti ingigantita e resa spaventosa dalla presenza televisiva che appunto ti rende celebre, anche solo per qualche secondo: il vecchio prete elegante che si paragona a Elvis Presley e che tiene una rubrica religiosa molto popolare nelle case di riposo, la telecronista che intervista assurde personalità al ristorante (persino Donald Trump, con parrucchino), e tutti sono ben contenti di rispondere, le prime cinematografiche in cui sono star soprattutto i parrucchieri e c'è un gran spintonare per attirare il video, il famoso chirurgo plastico che rifà centinaia di signore alla volta sempre seguito dall'inesorabile telecamera.

C'è quell'insensatezza televisiva, che rende insensata la vita, perché non ne vuole sapere della normalità ma si eccita solo per l'eccesso, il mostro, l'orrore, la stravaganza, gli abissi: l'ostaggio liberato è il massimo divo del momento, come l'acrobata adolescente obesa che ha un suo programma, va forte la rubrica, "Grassi e realizzati", sono tempestosi e perciò con grande audience i talk show tra rabbini e naziskin, membri del Ku Klux Klan e militanti neri, poliziotti e mafiosi in attesa di essere rinchiusi nel carcere di massima sicurezza.

Le fragili icone che Allen racconta si frantumano subito, perché il popolo nervoso ed esausto che ha scelto di idolatrarle, si stanca in fretta, volta le spalle, si inventa altri miti. Lascia quelli appassiti in preda alla sconfitta anche privata, trama già perché quelli nuovi non abbiano futuro. Celebrità! Pure alla fine di questa 55 Mostra in cui sono state pigiate montagne di film anche molto belli e una folla di personalità del momento, si sente il presagio di uno sbadiglio, di un rifiuto, di uno sperdimento, senza che ci sia Allen a raccontarlo.

di Natalia Aspesi

Sali


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