Trama
e recensioni
Trama:
Come
nella ricostruzione fatta da una cattiva televisione si ripercorrono le avventure di un
selvaggio eccentrico genio della chitarra jazz alla fine degli anni '30, Emmet Ray,
infantile ed egocentrico, sempre pronto a sbagliare, a lasciare la donna giusta per
sposare quella sbagliata, a sprecare la sua arte, deciso a bruciare la sua vita. Emmet Ray
è una figura immaginaria mentre nel film viene più volte citato Django Reinhardt di cui
si sente anche un'incisione famosa. Come nella ricostruzione fatta da una cattiva
televisione si ripercorrono le avventure di un selvaggio eccentrico genio della chitarra
jazz alla fine degli anni '30, Emmet Ray, infantile ed egocentrico, sempre pronto a
sbagliare, a lasciare la donna giusta per sposare quella sbagliata, a sprecare la sua
arte, deciso a bruciare la sua vita. Emmet Ray è una figura immaginaria mentre nel film
viene più volte citato Django Reinhardt di cui si sente anche un'incisione famosa.
Recensione di Aldo Fittante, "FilmTv" anno 8 n°
24:
Un omaggio affettuoso e tenero, a tratti pungente, agli artisti dimenticati e al
jazz. Regia piena di verve di Allen, che compare in un breve ma incisivo ruolo, un grande
cast e piccoli e sontuosi camei.
Una
biografia immaginaria. Woody Allen ci spiazza un'altra volta, zelighianamente. E bisogna
ammettere che alla Mostra di Venezia del '99 dove il film fu presentato non furono in
pochi a cadere nel tranello... Infatti: chi è(ra) Emmet Ray? Un chitarrista jazz di
scarsa fama che salì brevemente alla ribalta alla fine degli anni 30. Ray (un magnifico
Sean Penn, forse l'unico attore americano, oggi a calarsi con fantasioso realismo in ogni
ruolo) era considerato il numero due dopo "quello zingaro che sta Parigi", vale
a dire Django Reinhardt; e gli appassionati di jazz
dovrebbero conoscerlo. Il
comico, autore e attore Woody Allen - che si diverte a intervallare la sua 29esima opera
intervenendo di persona, a tutto schermo e guardando in macchina in stile "Annie Hall", con piccoli e gustosi aneddoti sul
protagonista - è, come sappiamo, anche un musicista (dilettante dice lui, malgrado
centinaia di serate e varie tournée) nonché sopraffino cultore ed esperto di jazz. Il
suo e' un omaggio affettuoso, tenero, qua e là pungente, agli artisti dimenticati.
"Dolce" come la struggente "Sweet Sue, Just You"; e
"ignobile", cinico («È il mio giorno libero: ne voglio una che parla!»
urla Ray all'amico dopo avere constatato che la donna adescata per la serata è muta: una
Samantha Morton di porcellana che "possiede alcune caratteristiche distintive di
Harpo Marx", come ha confessato Allen). Ray, dunque, "era" un chitarrista
virtuoso, ma anche un ubriacone inaffidabile, consapevole del proprio destino («Prima
o poi tutti i sogni vanno in fumo»). Attraversata e accompagnata dai soliti lussuosi
camei (Uma Thurman, Anthony LaPaglia, Gretchen Mol, il regista John Waters), la ritrovata
verve di Woody si consuma tra gli antichi ricordi di "Broadway Danny Rose" e quelli più recenti di "Pallottole su Broadway"; ma con venature autunnali
ancor più marcate. Come se Allen stesso sapesse quanto ci sia di lui in Emmet Ray.
Recensione di Francesco Troiano, "Tempi Moderni":
Già in "Zelig"
(1983), Woody Allen ricostruiva lesistenza dun immaginario personaggio degli
anni Trenta, servendosi alluopo di finte testimonianze ed opinioni di personalità
realmente esistenti: oltre tre lustri più tardi, egli ripete il gioco in questo "Accordi
e disaccordi", proponendoci la biografia dun ipotetico chitarrista jazz,
dotato al punto desser secondo solo al grande Django Reinhardt.
Nello splendore delle scenografie di Santo Loquasto, col prezioso ausilio alle immagini di
Zhao Fei (direttore della fotografia di "Lanterne rosse", qui al suo
debutto nellopera alleniana), ci si dipana sotto gli occhi lesemplare vicenda
di Emmet Ray: scopriamo la sua venerazione per il già citato Reinhardt («Quando lo
sentiva suonare, cadeva svenuto»), le tendenze cleptomani («Una volta rubò una
sveglia ad Hogey Carmichael, così quello perse una registrazione»), la collaterale
attività di lenone («Non mi piace la parola pappa, preferisco manager»), certe
sue peculiari predilezioni («guardar i treni che passano, sparare ai ratti nelle
discariche»).
Narcisista ed egolatra, ciclotimico ed alcolista, egli appare legato alle donne da un
rapporto di bisogno nevrotico ed insofferenza endemica: se ha una storia con una ragazza
muta che lo ama profondamente, dipoi la scarica senza spiegazione alcuna per impalmare una
biondina intellettuale e fedifraga.
Alla fine della corsa lo troviamo solo, angosciato, capace di esprimere meglio i propri
sentimenti con la musica, vieppiù staccato dalla comunicazione interpersonale: «Che
fine ha fatto? Credo sia sparito, come svanito», conclude Woody Allen nei panni di
se medesimo, commentatore impeccabile ed impassibile della storia narrata.
Ed a noi spettatori, sui titoli di coda, resta la consapevolezza che la magia - quella
dun cinema inconfondibile, leggero e pensoso, colto ed elegante, raffinato e
popolare - si sia una volta di più ripetuta: non ci rimane che ringraziare, ed augurare
allartefice dellillusione un cammino lunghissimo.
Tanti film ancora, uno allanno: per rassicurarci sullesistenza duno
sguardo, dun mondo, duna civiltà.
Recensione di Francesco Bolzoni, "Avvenire",
26/05/00:
Ci
sono due linee nella produzione di Woody Allen, ovviamente non sempre separabili. La prima
legata agli esordi dell'attore-regista, è tentata da uno spirito paradossale, da risvolti
scopertamente comici e talvolta volgari, da "trasgressioni", non solo formali ma
sostanziali. Essa pareva ultimamente, "superata" (...) La seconda linea del
cinema di Woody Allen - a cui appartiene questo "Accordi e Disaccordi"
- è sempre dettata dai ricordi, magari immaginari, di un artista che avrebbe voluto
vivere in certe stagioni, frequentare personaggi dei quali ha molto sentito parlare o ha
letto sui libri o che addirittura inventa. (...) C'é di tutto nella figura di Emmer Ray,
che pure posiede una potente autonomia narrativa. Vi ritrovi i tramps del New Deal che se
ne andavano in giro di qua e di là senza una meta precisa, si incantavano a guardere il
passaggo dei reni o si sfogavano spaarando ai topi delle discariche. Vi rinvieni i
musicisti che, pur bravi, non vennero baciati dalla fortuna e si limitarno ad ammirare in
silenzio i loro idoli, "quelli che ce l'hanno fatta". Vi scorgi, come ha
suggerito qualccuno, perfino Zampanò, il manesco compagno di Gelsomina nella felliniana
"La strada".
Recensione di Paolo Boschi, "DadaScanner":
Woody
Allen e il jazz: una storia d'amore di vecchia data, una passione che il regista
newyorchese da sempre alterna alla sua attività di cineasta, correndo a suonare con i
vecchi amici nel suo club preferito ogni volta che ha un attimo di tempo. "Accordi
e disaccordi" racconta la biografia immaginaria di un leggendario chitarrista
jazz degli anni Trenta, al 'secolo' Emmet Ray, virtuosista impareggiabile delle quattro
corde, secondo forse solo al mitico Django Reinhardt. Proprio il chitarrista zingaro di
origini rumene costituisce una delle nevrosi principali di Emmet, che sviene al solo
pensiero di incontrarsi con il mitico rivale: d'altra parte, è bene ricordarlo, siamo pur
sempre in un film di Woody Allen. Emmet Ray, oltre alla dichiarata passione per la sua
musica, non si presenta come un personaggio regolare: gran bevitore, incallito giocatore
di biliardo, a tempo perso perfino manager di prostitute. Anche i suoi hobbies non sono
propriamente ordinari: nel tempo libero il chitarrista jazz appena può corre a sparare ai
topi nelle discariche con la sua fidata calibro 45; inoltre nutre una passione ante
litteram per il trainspotting - e non per particolari motivi psicologici: gli piace
semplicemente guardare i treni che passano -. L'obiettivo di Allen lo segue fedelmente nei
momenti clou delle sue giornate: al bar, al tavolo da biliardo ed ovviamente in scena, tra
gli applausi sinceri che costellano una gavetta apparentemente infinita. Poi c'è la parte
relativa alla vita sentimentale di Emmet, impassibile ai legami impegnativi, perché lui
è un artista e non può permetterselo: ma finisce comunque per vivere qualcosa di molto
simile ad un matrimonio con un personaggio topico degli anni del cinema muto, la fedele
lavandaia Ettie, muta per l'appunto. Dopo averla abbandonata alle quattro di mattina Emmet
trova anche il tempo per sposarsi, così, all'improvviso, con una figura di donna
esattamente agli antipodi: la sofisticata altoborghese Blanche che, più che amarlo, è
interassata alla sua figura di impareggiabile virtuosista della chitarra per farne il
personaggio di un libro. Per appagare le proprie velleità letterarie la donna finisce per
diventare l'amante di un brutale scagnozzo, provocando la pronta reazione del
protagonista: ma si tratta in fondo di un documentario, sebbene fittizio, quindi Allen
reinserisce Emmet Ray nella leggenda sfumando l'obiettivo su tre differenti versioni
dell'episodio, chiosate in efficaci interviste a parte da tre autorità del genere jazz
quali il critico musicale Nat Hentoff, il regista Douglas McGrath e lo stesso Woody Allen.
A dar corpo in modo impareggiabile al leggendario chitarrista c'è uno Sean Penn
perfettamente in parte - nonostante non avesse mai tenuto in mano una chitarra in vita sua
- e che per questo ruolo ha ricevuto una candidatura all'Oscar.
Decisamente all'altezza anche le due protagoniste, entrambe alle prese con figure di donna
davvero particolari: un'intensa Samantha Morton (anch'essa candidata all'Oscar) e un'affascinante Uma Thurman. Inutile dire che tutto il
cast di caratteristi funziona al meglio, come di norma in tutti i film del grande Woody.
La colonna sonora è di livello assoluto, come è lecito attendersi da un regista
appasionato di jazz - consultare ad vocem sia "Radio
days" che "Pallottole su Broadway"
-. In "Accordi e disaccordi" Allen ha allestito un'antologia da
collezione dei classici degli anni Trenta: in primo piano i brani registrati dal mitico
Django Reinhardt, Myster Pacific su tutti. Oltre alla musica è sorprendente la
ricostruzione degli anni della Grande Depressione e l'atmosfera on the road che circonda
le avventure del chitarrista. "Accordi e disaccordi" è un esempio
minore della filmografia alleniana, ma assolutamente delizioso.
Recensione di Sandra Campanini, "StradaNove" 06/09/99:
La
passione per la musica di Woody Allen, in particolare per il jazz, è ormai cosa nota. E
la 32 pellicola del regista newyorchese, "Sweet and lowdon" presentato
fuori concorso alla Mostra internazionale d'arte cinematografica, non è nient'altro che
un sentito omaggio ad un personaggio - "fittizio" - Emmet Ray, uno squinternato
e geniale chitarrista jazz.
"Sweet and lowdown" è una commedia ambientata tra Chigago, Hollywood e
New York durante gli anni della grande depressione; in essa vengono narrate le
tragicomiche peripezie nonché la miriade di leggende inventate attorno a questo
fantomatico musicista, secondo solo al mitico Django Reinhardt (il virtuoso di origine
zingara che riusciva a suonare divinamente anche senza le due dita della mano sinistra,
paralizzate a causa di un incendio).
Il bravissimo Sean Penn ci regala uno splendido ritratto di questo insolito "asso
della chitarra" (per la parte si deve essere allenato parecchio): accanto a lui una
affascinante Uma Thurman (che sembra fare il verso a Marlene Dietrich), nel ruolo della
moglie-scrittrice-cacciatrice di uomini, e Samantha Morton (la ragazza irrequieta e
distruttiva di "Under the skin") che veste i panni di Hattie, una muta,
compagna del chitarrista nella prima parte del film. Emmet Ray è un personaggio
controverso e pieno di problemi esistenziali: «Sarebbe poco interessante fare dei
film su personaggi che si divertono e ai quali va tutto bene,»- ha riferito il
regista - «solo raccontando personaggi che attraversano una serie di crisi riesco a
renderli interessanti o divertenti, quindi gli creo sempre dei problemi».
"Sweet and lowdown" propone anche una serie di interventi di studiosi e
musicisti - questa volta "veri"- specializzati nel jazz: questi loro stralci
d'intervista da pseudo-documentario fungono da collante ai vari episodi riguardanti la
vita di Emmet Ray.
Riguardo ai futuri impegni di Woody Allen come regista sappiamo che il suo prossimo film
sarà interpretato da Sharon Stone, Hugh Grant e Tracy Ullman mentre come attore lo
vedremo presto impegnato in "Company man", un film di Peter Askin e
Douglas McGrath, nel quale Allen interpreterà il ruolo di un professore di liceo negli
anni sessanta che diventa una spia e rimane coinvolto in un complotto per rovesciare Fidel
Castro. Ma ci sono anche "Picking up the Pieces", una commedia di
Alfonso Arau e "Stuck on you" dark comedy dei fratelli McFarrelly.

|