Trama e Critica
Trama:
I coniugi Lipton fanno conoscenza con
i signori House, loro vicini di casa, e passano una serata insieme. Qualche giorno dopo,
apprendono che la signora House è morta d'infarto. Carol Lipton ha subito il sospetto che
sia stata assassinata dal marito, mentre Larry la invita a lasciar perdere. Carol trova in
Ted, un commediografo, la conferma dei suoi sospetti. Una sera, i Lipton fanno visita al
signor House e Carol trova in cucina un'urna cineraria. Il giorno dopo, si introduce di
nascosto nell'appartamento e ascolta una telefonata del vedovo a una ragazza. Insieme a
Ted, Carol identifica l'amante del signor House. Un giorno, Carol vede la signora House su
un autobus. Dopo aver scoperto l'albergo in cui alloggia, Carol vi si reca con Larry. La
coppia trova il cadavere della donna prima nella stanza, poi nell'ascensore. Il signor
House riesce tuttavia a farlo sparire per sempre. I Lipton si consultano con Ted e Marcia
Fox, una scrittrice, per escogitare un piano che metta alle strette il signor House. Dopo
aver contattato Helen, l'amante di House, i quattro fanno cadere l'assassino nella
trappola, fingendo di essere in possesso del cadavere della moglie. Alla fine, tuttavia,
l'uomo scopre il tranello e sequestra Carol. Nel cinema di cui è proprietario, House
insegue Larry ma viene ucciso dalla signora Dalton, la matura signora che lo amava e che
si era sentita tradita. Larry libera Carol, mentre Ted e Marcia prendono a frequentarsi.
Critica da "Il Mereghetti 2000":
Gli sviluppi saranno imprevisti,
mentre il matrimonio dei Lipton sembrerà vacillare: ma è solo un giallorossa (anche se
con suspense finale), e non una replica di "Mariti e
mogli". Allen in apparenza abbassa le ambizioni,e torna a cercare il
divertimento puro: sempre, però, in punta di penna, e con senso di ironia e di
understatement che può spiacere a chi l'ha preso, ultimamente, troppo sul serio, e
conciliarlo invece con chi non lo ha mai troppo amato. Da antologia la sequenza in cui i
detective improvvisati telefonano all'assassino e cercano di spaventarlo montando -
goffamente - delle battute preregistrate. Allen torna a collaborare con lo sceneggiatore
Marshall Brickman, coautore di "Manhattan",
e ritrova la Keaton.
Critica di Fabio Ferzetti, "Il Messaggero",
01/12/93:
E invece no, diciamolo chiaro: dietro
questo fulminante ritorno al comico puro stile "Broadway
Danny Rose", c'è un film meditato e personale. Anche, anzi proprio perchè
realizzato con la complicità decisiva della partner e dello sceneggiatore di "Io e Annie", Diane Keaton e Marshall Brickman (un
Carneade sul quale ci piacerebbe saperne di più). Il film di un uomo che nelle interviste
dichiara: «Oggi ho cinquantasette anni e i miei lavori riflettono i problemi di
qualcuno che ha cinquantasette anni». Vale a dire che sente di doversi guardare
indietro e sa come farlo, con grazia e leggerezza. Sono lontane le tristezze e le nevrosi
di "Mariti e mogli", svanite come neve
al sole le inquietudini un pò manieristiche di "Ombre
e nebbia". Stavolta siamo nel Woody Allen più schietto, quello della
Manhattan intellettuale, delle eterne scene di coppia (nessun palcoscenico è piu' vasto
di un ménage), del plastiche irresistibile di generi e autori: da "La finestra
sul cortile", che fornisce lo spunto (ma c'è anche una citazione vera e
propria, quando Diane Keaton ritrova la fede dell'uccisa), ai film della serie "L'uomo
ombra", con la coppia William Powell-Mirna Loy.

Critica di Valerio Caprara, "Il Mattino",
01/12/93:
Il ping pong delle battute viene
rarefatto dalla bella colonna sonora jazz, mentre i tic gestuali vanno ad incastrarsi in
un traliccio di gran fede cinefila (fioriscono qua e là sequenze da "La fiamma
del peccato", "La finestra sul cortile", "La donna che visse due
volte", "La signora di Shangai"). Abbandonato il cipiglio da
scolaretto freudiano, il nostro antieroe reindossa il suo abito mitico-simbolico
preferito: quello del disilluso investigatore solitario (che ha però, una fifa matta del
buio e ci mette sei mesi a capire che quelli de "L'anno scorso a Marienbad"
erano dei flash-back). Quasi tutto il controritmo del film è stringato e delizioso, ma il
film numero 23 di Woody Allen sarà ricordato soprattutto per il gag in cui i due
protagonisti - in combutta con i marpioni Alan Alda ed Anjelica Huston - approntano su
nastro magnetico un "ingegnoso" tranello per il killer di travolgente,
catastrofica goffaggine.
Critica di Alberto Crespi, "L'Unità", 30/11/93:
Però, Misterioso omicidio non è
solo una commedia thrilling. E', nuovamente, un film in cui Woody Allen scherza sulla
morte, in cui affronta con angoscioso umorismo la constatazione che il delitto è uno dei
possibili comportamenti umani: non esistono solo i serial-killer, anche stimati scienziati
(come il Martin Landau di Crimini e misfatti) o noiosi borghesi come il signor House
possono diventare assassini. E, al tempo stesso, Allen racconta il crimine attraverso gli
occhi di una donna - anch'essa borghese, e non poco nevrotica - che vede delinquenti
dappertutto: il che sembra davvero un modo, tristemente ironico, di "elaborare il
lutto" legato alla vicenda Farrow, di commentare senza darlo a vedere il
comportamento di Mia dopo la loro separazione (si sa, d'altronde, che il ruolo di Carol
era stato scritto per lei). Film più denso e doloroso di quanto non appaia a prima vista,
insomma. Tanto che le battute di spirito sembrano a volte forzate, come se Woody volesse
farci ridere a tutti i costi ma non ne avesse, in fondo, tutta questa voglia. Come forzata
è la cinefilia che percorre tutto il film (con citazioni di Wilder, Welles, Resnais,
Hitchcock, Fred Astaire), un tratto molto snob che speravavamo Woody avesse relegato nel
passato. Un film molto bello, ma che non entra nell'Olimpo dei capolavori di Woody. Che
comunque sono tanti. E altri ne verranno, state tranquilli: nel frattempo, godetevi questo
omicidio.

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